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Il nostro sguardo sull'ANALISI TRANSAZIONALE 

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Ascoltando i pazienti  si ha l’impressione di una narrazione che potrebbe iniziare con “C’era una volta…”; un racconto dove il “tanto tempo fa” si perpetua nel presente; un “là e  allora” che diventa, spesso faticosamente  e dolorosamente un “qui ed ora”.

 Si sente dunque ripetere e ri-recitare nella stanza dell’analisi, come nella vita, la storia dinamica del suo sviluppo infantile: il suo copione (A. Rotondo)

 

"Spesso questa storia è avvincente, piena di avventure, di brividi e di scoperte; a volte è scialba e triste. In questo caso, è essenziale che la persona adulta che ha ora la responsabilità che non aveva all’età di cinque anni, ri-orienti radicalmente il suo copione (….) ri-decidendo con il proprio Adulto quali siano le autentiche necessità per la sua autonomia, in termini di sopravvivenza, intimità e creatività. Tale è lo scopo dell’Analisi di Copione.” (F.English)

 


L’immagine di Fanita English descrive come a volte le tracce copionali ci portino a dimenticare o svalutare le nostre risorse Adulte, le forze e competenze acquisite negli anni e con le esperienze; ritorniamo bambini, siamo Bambini.


“Il bambino sente in qualche modo l’urgenza di dominare la sua vita futura creandosi una sorta di mappa che gli serva da guida, non diversamente da un viaggiatore che –trovandosi in un paese sconosciuto- cerchi un’altura dalla quale osservare la paina davanti a sé, individuando una possibile traccia orientativa per i suoi spostamenti” (F. English)



Diviene importante, e confortante, comprendere che gli automatismi decisi allora e ripetuti ora svolgono la funzione di vere e proprie strategie di sopravvivenza; questa consapevolezza  allontana la voce critica, colpevolizzante che può emergere quando si  prende atto dell’inadeguatezza di alcune scelte arcaiche, e nello stesso tempo consente di evitare di  ricadere in ruoli "antichi",  restituendo responsabilità e potenza.

 

Una strategia di sopravvivenza nasce, quindi, come la risposta creativa, la migliore di quel momento, che il bambino riesce a dare per mettere insieme, integrare, sé e l’ambiente.(A. Rotondo)

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Da qui può prendere avvio il processo di “guarigione”: quando la persona realizza che ciò che gli era necessario in “quel momento” per non procedere alla cieca, per non vivere nell’angoscia, oggi non lo è più. Quando scopre che può scegliere, di nuovo e più consapevolmente.


“Io sono convinta che qualche volta quello che guarisce, od avvia il processo di guarigione, sia proprio il dire, finalmente, il mettere in parole comunicabili ed elaborabili dalle funzioni dell’Adulto quel groviglio di innominate sensazioni, intuizioni, fantasie che sono così penosamente indigeste.(…) Se l’esistenza del copione consiste essenzialmente in una esistenza “non pensata”, cioè orientata ed organizzata dalle fantasie e false credenze elaborate in remote esperienze, e sugli inattuali adattamenti, ma ormai automatici, su questi costruiti non consapevoli e quindi non elaborabili e non elaborati dalle funzioni logiche dell’Adulto di ora, il far emergere da se stessi, il far uscire in parole l’indicibile e l’impensabile permette infine, avendolo materializzato in linguaggio, di elaborare con il pensiero astratto l’intero pensato e sentito. Nessuno può fare questo al posto mio. Nessuno può digerire per me. (S. Attanasio)



Se il paziente è chiamato a prendere responsabilmente in mano, attraverso le proprie funzioni Adulte, il suo racconto, d’altra parte il terapeuta può essere visto come un co-narratore, a tratti un suggeritore, un correttore di prime stesure; e ancora, un disegnatore capace di mettere in immagini le parole del paziente, così da renderle più evidenti, e a volte più accettabili.


“L’esperienza della relazione di cura, del prendersi cura dell’altro e di sé attraverso l’altro, apre nuove possibilità, permette la ri-sintonizzazione di circuiti emozionali con esperienze vitali; permette di ricontestualizzare le esperienze passate alla luce di quelle presenti” (S. Ligabue).

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